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14 giugno 2015

 

"Fate questo in memoria di Me"

In festa per il 25° di Sacerdozio di Padre Renato

 

 

 

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 Grazie a tutti!

 


Nella mia Montagna in Valtellina, domenica 14 giugno è stata una grande
festa per Gesù: ha fatto tutto Lui nella mia vita e quindi era giusto
fare festa a Lui e tanto non a me. Mi ha chiamato e si è fidato,
nonostante me. Mi ha preso in parola a 6 anni il giorno della Prima
Comunione quando gli ho chiesto di diventare suo sacerdote.

È stata una gioia ed un‘emozione grande ritrovarci tutti attorno allo
stesso altare come quel giorno del maggio 1968 per me così importante.
Nel pomeriggio con l’allora parroco don Senini in visita con tutti i
miei compagni della prima Comunione al Santuario di Tirano ho avvertito
forte nel cuore che la Madonna come Mamma Celeste mi accoglieva sotto la
Sua protezione con grande tenerezza. Mi ha sempre accompagnato e
sostenuto per tutta il mio cammino, in particolare nei momenti più duri.
Tutto ciò è indescrivibile!Domenica onorato della presenza dell’amico
Vescovo eritreo Eparca di Barentù, del padre Provinciale p. Sergio
Pesenti, dei parenti Mons. Giuliano Zanotta Vicario Episcopale di Como e
don Enrico Bongiascia, inoltre dei sacerdoti confratelli frati e del
caro Parroco don Tulluio è stato come riviere il momento forte in cui
Gesù istituisce il sacramento dell’Eucaristia e del Sacerdozio. Un
Mistero grande che ti trapassa l’anima, ti fa tremare di timore e
stupore mentre senti e sperimenti nella tua povertà la ricchezza, la
forza e la potenza di Gesù Sacerdote che opera in te nonostante te per
il bene dei fratelli e delle sorelle che ti vengono affidati. Ho gioito
con tutta la Comunità di Montagna e le centinaia di persone che mi hanno
onorato arrivando da ogni luogo dove in questi 25 anni il Signore mi ha
mandato a operare gettando il seme del suo amore - anni trascorsi come
un lampo, mi pare ieri e di avere fatto poco o nulla e di dover
ricominciare ogni volta - E’ stato come se con questi amici, parenti e
tutti i convenuti fossimo presenti nel Cenacolo là dove Gesù attraverso
l’esempio della lavanda dei piedi insegna ed apre al significato vero
del duplice sacramento dell’Amore: inginocchiarsi davanti alle anime per
lavarle nel suo sangue; mettersi al servizio con la stola ed il
grembiule al tempo stesso.

Un primo sentimento all’inizio della celebrazione eucaristica - ben
animata dagli amici artisti del Donizzetti di BG e della Scala di MI - è
stato sentire il bisogno di essere risollevati dalle nostre fragilità e
rigenerati dalla stessa grazia che ci accomuna come figli di Dio e sua
Chiesa. Sentiamo tutti il bisogno di essere incoraggiati da Colui che
vede il nostro cuore, le nostre povertà, che ci aiuta a rialzarci con
umiltà, a rinnovare l’entusiasmo, a riprendere il cammino con fiducia e
tenacia nella Sua misericordia e nella semplicità con la pace del cuore.
Sì, tutti ne abbiamo bisogno, e il miracolo accade quando ci portiamo
davanti a Colui che ci ha visti fin dall’eternità e ci ha chiamati
all’esistenza, alla fede; io alla vita religiosa come frate cappuccino,
al sacerdozio, donandomi come Maestri i genitori, gli insegnanti, i
sacerdoti, tutte le persone incontrare con le proprie storie di
sofferenza, gioia, malattia, abbandono, morte, speranza, ecc, persone
che han composto la mia storia che una storia di salvezza condivisa.
Cari Amici, se la vocazione è una “dichiarazione d’amore” – “ne scelse
dodici perché stessero con Lui” – allora la mia risposta non può essere
un ruolo, una funzione, nonostante qualcuno mi abbia detto che ho scelto
il mestiere più difficile nella vita ( spesso più pesante che portare la
gerla!), ma il tutto è solo una “risposta d’amore”: qualunque cosa sono
chiamato a fare, qualunque cosa posso ancora fare – anche la minima o la
più arida – è quanto il Signore si aspetta da me e da noi sacerdoti
pastore che come ha detto qualcuno “ dobbiamo puzzare di pecora…” e
aggiungo: al capita anca de spuzzà da ciun quai volta …” . Allora, ogni
gesto, ogni respiro, ogni sussulto dell’anima...tutto viene ad
assomigliare a quei pochi pani e pesci che – portati ai piedi di Gesù –
diventano miracolo per sfamare la moltitudine. Perché l’amore moltiplica
l’amore!

Siamo tutti chiamati per amore a servire l’amore. Un giorno a s.
Francesco venne chiesto “Francesco perché piangi? - Piango perché
l’Amore non è amato!”Siamo così richiamati, ciascuno per quello che è,
alla sostanza della nostra vocazione, della fede e dell’amore: mi chiedo
personalmente e lo chiedo anche a voi? siamo uomini innamorati? Oppure
siamo disamorati? Viviamo di fede, oppure siamo solo insegnanti di
dottrina, di moralismo, di critiche distruttive? Postini distaccati di
una lettera dal cielo, anziché testimoni entusiasti di una Parola fatta
carne e vita? Siamo uomini di gioia, una gioia vera ostinata che resiste
alle tempeste, aggrappata come una stella alpina dei miei monti alla
roccia? Se siamo cristiani, religiosi, sacerdoti, famiglie davvero
felici, allora saremo in grado di cogliere i segni del passaggio di Dio
nella nostra vita. Dio non passa invano e lascia sempre dei segni, a
volte delle cicatrici, ma Lui stesso le cura con il suo olio della
consolazione di letizia e può riempire le nostre solitudini con il vino
della gioia, della festa ed il pane condiviso del cammino, pane del
perdono e della fraternità.
Nel Battesimo siamo tutti diventati Re, Profeti e Sacerdoti. Siamo
chiamata condividere il fatto di essere Profeti della gioia anche
quando, noi suoi Ministri per dispensarla, dobbiamo andarla a mendicare
al cuore di Gesù e bussare nel cuore della notte al suo tabernacolo. È
allora che abbiamo bisogno di pregare di più; abbiamo bisogno estremo di
vita spirituale per non diventare manovali del sacro.

Cari Amici, dobbiamo pregare di più noi per voi e voi per noi: pregare
di più per non perdere l’entusiasmo ciascuno della propria vocazione;
pregare di più perché fa bene, pregare di più perché servire Dio non ci
faccia dimenticare il suo volto. “Ne scelse dodici perché stessero con
lui”, perché quanto più stiamo con Lui, Lui può agire in noi, può
servirsi di noi per la salvezza dei fratelli.
La fraternità sacerdotale ci porta davanti a Gesù e lì ci fa restare in
umile attesa, prigionieri e sedotti tra le sue braccia, solo allora
saremo liberi di stare con tutti sulle strade del mondo ed offrendo
sull’altare della vita ogni uomo per quello che è. Ma dobbiamo fare
attenzione, se desideriamo il bacio di Cristo, se vogliamo avvicinare il
nostro volto al volto di Dio, dobbiamo stringerci alla sua corona di
spine e sentire la nostra faccia dilaniata. È il suo amore dilaniato per
me peccatore! Allora, e solo allora si consumerà il bacio di Dio, bacio
che sana le ferite umane e apre le ferite divine, l’anelito al cielo, il
tormento dell’oltre che non possiamo darci, ma solo accogliere come dono.
Solamente restando fedeli a Gesù sacerdote possiamo essere attenti al
presente; solamente guardando lontano possiamo dar vita alle piccole
cose di ogni giorno. Gesù ci chiama non innanzitutto ad offrire la
nostra vita agli uomini, ma in primo luogo a tenderla verso di Lui. Non è
questione di essere dei conquistatori di anime, ma di essere conquistati
da Dio.

25 anni fa ho ricevuto il grande dono del Sacerdozio e mi sono impegnato
per l’eternità ad una triplice regalità: il servizio perpetuo di Dio, il
servizio perpetuo della castità d’amore, il servizio perpetuo della
Chiesa. Quel giorno mi siamo prostrato a terra per dire che accettavo,
anzi che quello era il desiderio più grande di donare la mia vita. E su
di noi novelli sacerdoti sono state cantate le litanie dei
Santi...c’erano tutti, i patriarchi, i martiri, le vergini, gli sposi...
i nostri cari defunti…tutti sono stati testimoni del nostro consegnarci
a Cristo e alla Chiesa. Per sempre! E il mondo invisibile ha sentito un
brivido ed ha gioito. Le anime hanno bisogno di vedere ciò che non
vedono ma che sentono, la realtà del cielo, la vita vera, per sapere
perché vivere e morire, per sapere come vivere e come morire. Ci si deve
preparare nella vita, non ci si può abituare. Ma noi vediamo
l’invisibile oppure ci siamo appiattiti sul presente? Siamo uomini che
vivono con i piedi ancorati sulla terra e gli occhi ed il cuore rivolti
al cielo? Abbiamo lo sguardo puntato sul Pastore Gesù oppure guardiamo
la strada su cui ci conduce? Non conta la strada, ma il Pastore! Non
conta la nostra gloria, che è sempre vana, ma quella di Dio! E allora,
preghiamo ogni giorno per diventare santi, perché Lui ci faccia santi?
Oppure ci sembra qualcosa di cui quasi vergognarsi perché suona di altri
tempi, un sentimento devoto e pio, ma lontano e impossibile? Sì, è
impossibile agli uomini, ma possibile alla forza dirompente dello
Spirito, impossibile a Dio!
Carissimi Amici e Fratelli e Sorelle, che cosa sarei senza di voi? Il
Sacerdote è per le persone che il Signore che gli fa incontrare, è per i
suoi figli! Il Signore Gesù ci invita a guardare “il cielo interiore”
del nostro cuore; è questo il nostro primo atto pastorale, il primo
gesto d’amore per il mondo. Miei carissimi che ci incontrate, non
abbiate paura: Qualcuno ci ha inviati a voi per offrirvi una luce non
nostra, una luce che si alimenta di preghiera: pregare, infatti, è
vegliare in attesa della luce come sentinelle del mattino che annunciano
un nuovo giorno. Pregare fa bene, pregare è il respiro dell’anima se
volgiamo che l’anima non muoia. Parliamo della lampada misteriosa della
fede: “essa non dissipa tutte le nostre tenebre, ma guida nella notte i
nostri passi, e questo basta per il cammino” (Papa Francesco, Lumen
fidei, 57). “ Va, la mia grazia ti basti!”
Ebbene, venirvi incontro con questa lampada è la mia vita, è il mio
destino: non posso farne a meno, perché vi amo e perché la vostra gioia
sia piena e vera. Pregate per me perché questa lampada non si esaurisca
mai.

Vi ringrazio, vi porto nel cuore ed ogni giorno sull’altare!

Con l’affetto che conoscete, pace e bene

fra Renato Brenz Verca

 

 

 

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